storia del m.s.i. e biografia di giorgio almirante

 

MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - ALLEANZA NAZIONALE: 60 anni di storia che non si cancellano PDF Stampa E-mail
Scritto da Michele Leoni   
Wednesday 18 March 2009

 Il prossimo fine settimana traslocherà un grande pezzo di storia della politica italiana, la Destra si scioglierà e confluirà nel grande partito riformista che si chiama il Popolo Delle Libertà.
La nostra storia inizia ben 62 anni fa, precisamente il 26 Dicembre 1946, quando i reduci della R.S.I. come Giorgio Almirante, Pino Romualdi e Manlio Sargenti, ed ex esponenti del partito fascista come Arturo Michelini si misero intorno ad un tavolo e decisero di dare voce a quelle persone che non si riconoscevano negli ideali del comunismo.
Il Movimento Sociale Italiano ebbe il suo battesimo elettorale nel 1948 quando ottenne il 2% di voti alla Camera e lo 0,8% al Senato. Da lì in poi il partito ebbe sempre più consensi, ma allo stesso tempo si dovette abituare ad una emarginazione nella scena politica, che anche con il ritorno alla segreteria di Giorgio Almirante, esponente storico e già segretario del movimento (che sostituì il più moderato Arturo Michelini, scomparso nel 1969), riuscì a migliorare questa situazione. Fu creata, nel dibattito politico, la locuzione "arco costituzionale" per indicare in pratica tutti partiti meno il MSI (la locuzione però si fondava anche sul rigetto, da parte del movimento, dei valori antifascisti contenuti nella Carta Costituzionale).
Almirante, grazie anche alle sue grandi capacità oratorie, seppe sfruttare politicamente questa emarginazione, costituendosi come unico partito al di fuori del presunto "regime", di cui avrebbe fatto parte una sotterranea alleanza consociativa fra la DC e le sinistre; con la crescente affermazione delle formule del centrosinistra e l'avvicinarsi delle proposte di compromesso storico, questa pretesa solitudine di opposizione guadagnò sempre più consensi.
Nel febbraio del 1972 Almirante riuscì a formare un'alleanza con il PDIUM, una delle maggiori formazioni monarchiche italiane, da cui derivò anche un mutamento di denominazione del partito, ora chiamato "Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale".
Negli anni '70 il consenso giovanile all'MSI-DN crebbe verticalmente ed andò ad alimentare lo scontro di piazza fra i cosiddetti "opposti estremismi". Il Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del partito e il FUAN, Fronte Universitario d’Azione Nazionale, si trovarono opposti alla FGCI, organizzazione giovanile del partito comunista e a quelle extraparlamentari.
Erano anni molti difficili per chi era vicino al MSI, in quell’epoca chi andava contro le ideologie comuniste era un nemico da stroncare, un nemico da uccidere a qualsiasi costo. Ricordiamo molti ragazzi uccisi dagli extra-parlamentari di sinistra, Ugo Venturini, i fratelli Mattei, Sergio Ramelli, Mikis Mantakas, Paolo Di Nella e molti altri giovani e non, che avevano solo il “coraggio” di essere di Destra.
Nel Congresso Nazionale del 1975, Almirante, sempre più propenso ad allargare il MSI verso un’ala più moderata che raccogliesse sempre più consensi si mise in contrapposizione con lo “zoccolo duro” del partito rappresentato da Pino Rauti, il quale quest’ultimo si mise in forte disaccordo con il segretatrio.
Dopo questo insuccesso elettorale e la morte di Almirante (22 maggio 1988) si alternarono alla segreteria del partito l'allora 35enne Gianfranco Fini (cresciuto in seno al Fronte della Gioventù), quindi Pino Rauti e dal 1991 ancora Fini, stavolta stabilmente. Il giovane delfino di Almirante stava portando il MSI verso ottimi risultati, fino a diventare nel 1993 il primo partito a Roma e Napoli, oltre ad altri piccoli Comuni. Nell'autunno del 1993, Gianfranco Fini decide di correre per la carica di sindaco di Roma, arrivando al ballottaggio contro Francesco Rutelli. Per la prima volta un esponente del MSI riceve un largo supporto. L'imprenditore Silvio Berlusconi, non ancora attivo protagonista della politica italiana, affermò in quella occasione la propria scelta elettorale ribadendo che: "Se votassi a Roma, la mia preferenza andrebbe a Fini".Ormai la sua ascesa politica è avviata. Dopo le vittoriose elezioni politiche del 1994, sebbene Fini non farà personalmente parte del governo Berlusconi, per la prima volta nella storia della Repubblica l'esecutivo conterà quattro ministri appartenenti al suo partito, tra cui il vice presidente del Consiglio "Pinuccio" Giuseppe Tatarella.
Il 27 gennaio 1995, preso atto che AN si identificava in massima parte con la storica classe dirigente della Destra italiana, il MSI-DN si sciolse per lasciare definitivamente spazio alla sola Alleanza Nazionale. Fu il congresso che passerà alla storia come "svolta di Fiuggi", per via della città che ospitava l'ultima assise missina. Si consacra lì la cosiddetta svolta governista al partito, allargandolo a cattolici moderati e conservatori, e spingendolo verso il centro destra conservatore e liberale.
E siamo ad oggi, il 21 e 22 Marzo 2009, dopo 14 anni di grandi battaglie, di grande emozioni, con le lacrime agli occhi per l’emozione che ho scrivendo queste righe, AN non esisterà più, la FIAMMA che ardeva nelle nostre bandiere e nei nostri cuori sarà sostituita, ma i nostri valori, le nostre idee, i nostri ricordi, saranno un grande bagaglio che porteremo nel nuovo Grande partito nel centro- destra. Giorgio Almirante questo grande partito lo voleva, l’aveva intuito nel 1975, quando al Congresso Nazionale di Roma a Villa Miani sul Monte Mario, voleva allargare i confini del MSI con la Costituente di Destra, che secondo me, è il vero modello ispiratore nel partito unico di centro- destra.

 

Giorgio Almirante, biografia PDF Stampa E-mail
giovedì 22 maggio 2008
Uomo politico, nato a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno 1914 e morto a Roma il 22 maggio 1988

Giorgio AlmiranteGiorgio Almirante nasce in una famiglia di artisti appartenenti all’alta nobiltà di Napoli. Duchi di Cerza Piccola dal 1691, la famiglia Almirante si sposta continuamente da una città all’altra per seguire il padre, attore e direttore di scena della compagnia di Eleonora Duse e Ruggero Ruggeri. Dopo dieci anni in giro per l’Italia, la famiglia si stabilisce a Torino dove il piccolo Giorgio Almirante intraprende i suoi primi studi. Consegue il diploma presso il Liceo Classico Vincenzo Gioberti e successivamente si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, città nella quale si era trasferito con la famiglia, laureandosi nel 1937 con una tesi sulla fortuna di Dante nel Settecento italiano con l'italianista Vittorio Rossi. In quello stesso periodo comincia a collaborare come cronista praticante presso Il Tevere, un quotidiano fascista diretto da Telesio Interlandi che era stato fondato su invito dello stesso Benito Mussolini per dare voce alla componente più spregiudicata e aggressiva del fascismo in appendice al Popolo d’Italia, organo di stampa ufficiale del regime.

Alla "terza pagina" del Il Tevere collaborano, oltre ad Almirante, Luigi Pirandello, Emilio Cecchi, Giuseppe Ungaretti, Vincenzo Cardarelli, Vitaliano Brancati, Antonio Baldini, Corrado Alvaro, Carlo Bernari, Ercole Patti, Ardengo Soffici, Julius Evola, Luigi Chiarini, Umberto Barbaro. Durante la sua permanenza al giornale, Almirante viene promosso redattore capo e, nel 1938, è anche segretario di redazione della rivista “La difesa della razza”, esperienza, quest’ultima che sconfessò completamente pur ammettendo di essere stato, per motivi politici, razzista e antisemita, firmando nel 1938 il Manifesto della razza.
All’interno delle organizzazioni giovanili fasciste assume la carica di fiduciario del Gruppo universitario fascista (Guf) della facoltà di lettere dell'Università di Roma. I Guf, denominati “littoriali della cultura”, erano incontri a cadenza annuale che, dal 1934, anno in cui vennero organizzati da Giuseppe Bottai e Alessandro Pavolini, impegnavano i giovani intellettuali in un costruttivo confronto, nel cui seno iniziarono a svilupparsi le correnti di dissenso al regime.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto, infatti, che il Guf “era in effetti un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato”.

Scoppiata la Seconda guerra mondiale, Almirante è chiamato alle armi come sottotenente di complemento di fanteria e mandato a comandare con un plotone di guardia sulle coste della Sardegna. L’inattività, e una snervante attesa buzzantiana, lo inducono ad arruolarsi volontario per il fronte dell’Africa settentrionale dove opera come cronista di guerra ottenendo la croce di guerra al valor militare. Tornato a Roma, riprende il suo posto di caporedattore de Il Tevere ma l’avventura fascista sembra finire. Il 26 luglio 1943, si presenta l’ordine del giorno Grandi al Gran consiglio del fascismo, in cui si chiede l’ “immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento e alle Corporazioni i compiti e le responsabilità previste dalle nostre leggi statutarie e costituzionali”, oltre all’assunzione da parte del re del comando effettivo delle forze armate. Con 19 voti favorevoli e 7 contrari, l’ordine del giorno Grandi viene approvato. Benito Mussolini cade e i fascisti, improvvisamente diventano democratici. Almirante si rifiuta di passare dall’altra parte e ai primi di agosto risponde ad una nuova chiamata alle armi, come tenente nel suo vecchio reggimento. Con l’armistizio dell’8 settembre, abbandonato dai suoi superiori, si trova a comandare una compagnia distaccata e, preso dai tedeschi, ottiene la resa con l’onore delle armi. Ottenuta una formale licenza torna a Roma a piedi.
Nel frattempo Mussolini viene liberato, il 12 settembre, dall’incursione di un gruppo di paracadutisti tedeschi a Campo Imperatore in Abruzzo, dove il Duce era agli arresti, e aviotrasportato al quartier generale tedesco in Prussia orientale, dove incontra Adolf Hitler che gli chiede di formare un nuovo governo fascista.
Dopo aver sentito alla radio il discorso di Mussolini del 18 settembre e quello del maresciallo Rodolfo Graziani al teatro Adriano di Roma, Almirante si arruola nella Guardia nazionale repubblicana con il grado di capo manipolo. Almirante è prima a Venezia, poi passa alla sede di Salò con l’incarico di capo gabinetto del Ministero della Cultura popolare e successivamente di Attendente di Mussolini. Tra il novembre 1944 e il gennaio 1945 interrompe la sua attività ministeriale per partecipare, come tenente comandante del reparto del Ministero della Cultura Popolare nella Brigata Nera Autonoma Ministeriale, alla campagna antipartigiana di Val d'Ossola e nel grossetano.
Dopo il 25 aprile 1945 Almirante, che aveva seguito Mussolini a Milano, entra in clandestinità rimanendovi fino al settembre del 1946. Uscito dalla clandestinità torna a Roma dove intraprende un’intensa attività politica che porta alla fondazione del Movimento Italiano di Unita Sociale (Mius). Il 26 dicembre dello stesso anno, però, insieme ad altri reduci della Repubblica sociale, fonda il Movimento sociale italiano (Msi), in una riunione che si svolse a Roma nello studio dell'assicuratore Arturo Michelini.

Parallelamente riprende la sua attività di giornalista dirigendo il settimanale di propaganda di partito Rivolta Ideale.
Alle elezioni del 18 aprile 1948 il Movimento sociale italiano ottiene un 2% che con 526.670 voti validi gli permette di far entrare 7 rappresentanti in Parlamento, 6 alla Camera, tra cui Almirante, e un senatore.
Nella sua campagna elettorale il Movimento sociale fa appello al nazionalismo, all’anticomunismo della piccola borghesia, alla nostalgia di posizione di potere perdute nella caduta del Regime. Per i più giovani - l'Msi tesserava anche ragazzi di 14 anni, che non avevano vissuto a pieno il fascismo -, erano maggiormente attratti dal mito della violenza e del patriottismo, riproponendo manifestazioni squadriste e teppismo politico.
Fu proprio Almirante, insieme ad Augusto De Marsanich, segretario di partito, a comprendere la necessità di rivestire il Movimento di un velo di rispettabilità, promuovendo la legalità e la democraticità dell’organizzazione di partito.
Da buon giornalista, ma soprattutto da buon politico, Almirante cerca e ottiene il sostegno de Il Secolo di Roma e al contempo tenta di organizzare un proprio sindacato, la Cisnal (Confederazione Italiana Sindacati Nazionali dei Lavoratori). Attraverso queste iniziative ottiene il permesso di tenere il primo congresso di partito nel luglio del 1952. I risultati di questo indirizzo realista e moderato trovano riscontro nelle successive elezioni politiche del 1953, quando l'Msi guadagna più di un milione di voti rispetto alle precedenti elezioni amministrative del 1951 e del 1952.
Nel corso delle successive legislature, Almirante conduce diverse e numerose battaglie in Parlamento, come quella contro l'attuazione dell'ordinamento regionale dello Stato o quella contro la legge Scelba sul divieto della ricostituzione del Partito fascista; anche contro la riforma elettorale maggioritaria di Alcide De Gasperi, o in difesa dell'italianità di Trieste e dell'Alto Adige ma contro la modifica dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, con la quale veniva attuata la tutela della comunità di lingua tedesca, che a suo vedere era troppo sbilanciata a sfavore della comunità italiana. Tra le altre cose, si batte contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica, contro la riforma della scuola media e, per disciplina di partito, contro l'introduzione del divorzio. Almirante stesso si era, infatti, avvalso delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti e risposarsi con Assunta Stramandinoli, detta Donna Assunta, vedova del marchese De Medici.

Il 15 marzo 1969 muore Arturo Michelini e il gruppo dirigente dell'Msi elegge Almirante segretario nazionale all'unanimità, carica che mantiene dal 29 giugno 1969 al dicembre 1987. Obiettivo della segreteria di Almirante è l’unità delle destre da perseguirsi attraverso la cosiddetta “politica del doppiopetto” tra rivendicazioni del Ventennio fascista e apertura al sistema democratico. Dall’iniziale bacino di utenza che nel nord-Italia ottiene consensi su una politica più aggressiva, il Movimento sociale sposta la propria influenza nel meridione attraverso linee programmatiche più conservatrici che attiravano proprietari e borghesia del sud-Italia. Tale mutamento porta il partito, nelle elezioni amministrative del 13 giugno 1971, a ottenere il 16,3% in Sicilia e il 16,2% a Roma.
Forte di questo risultato, la politica di allineamento delle destre dà il suo primo segnale di risveglio il 12 luglio 1972. In quella data, infatti, il Consiglio Nazionale del Pdium (Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica) delibera lo scioglimento del partito e la confluenza nel Movimento Sociale Italiano, formazione che prenderà il nome MSI-Destra Nazionale (Msi-Dn).

Il 28 giugno 1972, il Procuratore Generale di Milano, Luigi Bianchi d'Espinosa, decide di chiedere alla Camera l'autorizzazione a procedere nei confronti di Almirante per tentata ricostituzione del Partito fascista; l'autorizzazione è concessa il 24 maggio 1973 con 484 voti a favore contro 60. Tuttavia l’inchiesta, trasferita alla Procura della Repubblica di Roma, non è mai portata a termine
Il 21 dicembre 1976, come corrente moderata dell'Msi-Dn, nasce Democrazia nazionale, composto prevalentemente da monarchici, con l’obiettivo di agganciarsi al centro democristiano.
Il 22 novembre 1975, Almirante fonda la “Costituente di destra per la liberta”, un’organizzazione esterna e alleata, nel tentativo di rilanciare il suo partito in continuità con l’operazione che aveva portato alla nascita della Destra Nazionale.
L’anno seguente, però, Almirante è costretto a subire un’ulteriore scissione. Il Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile di partito, si stacca nelle elezioni del 20 giugno 1977. Almirante procede al commissariamento di questa organizzazione e nomina il nuovo segretario del Fronte nella persona del venticinquenne Gianfranco Fini.

Tutte queste operazioni interne al partito producono risultati negativi nelle elezioni regionali e amministrative del 1978. Tra l’altro, nel corso della campagna elettorale, Almirante è accusato di favoreggiamento personale nei confronti di un presunto responsabile della strage di Peteano, avvenuta il 31 maggio 1972. Parte una lunga inchiesta che porta al rinvio a giudizio Almirante, amnistiato prima dell'inizio del processo.
Nel luglio 1984, Almirante annuncia la propria intenzione di lasciare la segreteria del partito per ragioni di salute entro la fine dell'anno, in occasione del XIV Congresso nazionale (Roma, 29 novembre - 2 dicembre 1984). Il partito gli chiede di recedere da tale proposito e lo rielegge segretario per acclamazione.
Il 12 maggio 1985 l'Msi-Dn ottiene nelle elezioni regionali il 6,5% dei voti riportando a Bolzano, nelle elezioni comunali, un successo che decreta il partito il primo del capoluogo di quella provincia, sempre difesa dai missini nel nome dell’italianità.
Nell'agosto del 1986, il segretario missino, colto da malore, deve essere ricoverato nella clinica romana di Villa del Rosario.
Il trend positivo per il partito, durato quattro anni, si conclude con le elezioni politiche del 14 giugno 1987, quando l'Msi-Dn scende al 5,9% con 35 seggi alla Camera e 16 seggi al Senato.
Il 6 settembre successivo, in occasione della festa Tricolore di Mirabello, in provincia di Ferrara, Almirante presenta pubblicamente e ufficiosamente Gianfranco Fini come proprio “delfino”. Dopo il Congresso di Sorrento che vede Fini alla segreteria del partito, il 24 gennaio 1988 Almirante è eletto presidente del partito dalla maggioranza del Comitato centrale e pochi mesi dopo, il 22 maggio 1988, tra sofferenza e di ricoveri, Giorgio Almirante si spegne nella clinica di Villa del Rosario.


Hanno detto di lui:

"Io sono cresciuto in una terra dove Pci e Msi stavano dalla stessa parte, contro la camorra. E vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell'antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare" (Roberto Saviano)

"Almirante fu anche geniale precursore di un modello di democrazia diretta che oggi vediamo rappresentata dall'elezione popolare dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni. Fu inguaribile sognatore della stagione della pacificazione nazionale" (Francesco Storace)

"Era venuto a trovarci quando Berlinguer era come lui è oggi. L' abbiamo ricevuto come qualcuno che capisce che oltre il rogo non c'è ira. Siamo stati avversari, ma non nemici: avremmo potuto esserlo, ma le circostanze lo hanno evitato" (Giancarlo Pajetta)

Ultimo aggiornamento ( giovedì 18 giugno 2009 )