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Anche sindaci e associazioni contro l’aumento delle tariffe dell’acqua

Non cantiamo da soli: con piacere registriamo le denunce di Gentilini e Marchesini, rispettivamente di Federconsumatori e Unindustria, che, all’assemblea dell’Ato 5 (l’Agenzia di ambito per i servizi pubblici di Bologna), hanno bocciato un provvedimento che avrebbe aumentato del 4,5% le tariffe dell’acqua.

Essi si sono anche uniti alle recenti proteste dei sindaci che hanno accusato Hera di non aver investito su fognature e depuratori, attualmente non a norma di legge: i contribuenti hanno messo a disposizione 30 milioni di euro, dove vanno dunque a finire questi soldi?

Con forza allora rilanciamo il nostro Progetto H20- Acque Sociali, condiviso dai rappresentanti delle associazioni, per cui paga di più chi spreca, sforando i 3000 litri gratuiti al mese per famiglia.

Eugenio Sibona, segretario provinciale di Gioventù Italiana

 

Gioventù Italiana: Progetto Casa, dal 5 maggio in piazza a Milano

Gioventù Italiana, movimento giovanile de La Destra di Storace lancia una nuova battaglia per il diritto alla casa. La proposta del nostro movimento, denominata PROGETTO CASA, si pone come obiettivo quello di garantire il diritto alla casa per tutte le famiglie italiane. Per fare questo inizieremo a raccogliere le firme sia a livello regionale che nazionale per poter supportare le nostre proposte. Il PROGETTO CASA sarà presentato mercoledì 5 maggio a Milano durante il sit-in permanente a Piazza della Scala a sostegno delle famiglie milanesi sfrattate.
La nostra proposta verte su un PROGETTO SOCIALE che dovrà essere formulato attraverso il contributo di tutte le istituzioni : Comuni, Province, Regioni e Governo.
La proposta dovrà sintetizzarsi in un semplice quanto chiaro PROGETTO CASA il quale avrà come obiettivo quello di sostituire l’odierna visione commerciale e di profitto delle vendita delle abitazioni in una più giusta forma di comprensione del concetto di casa intesa come diritto sociale e umano.

PROGETTO CASA si articola dunque in due parti:

La prima offre una risposta una chiara alla problematica di accesso alle graduatorie per la concessione degli alloggi popolari alle famiglie italiani: i regolamenti per l’assegnazione degli alloggi popolari sono di competenza regionale pertanto il PROGETTO CASA avanza una proposta per modificare i suddetti regolamenti.
In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a dei profondi cambiamenti sociali dovuti perlopiù ad una crisi economica di carattere internazionale , una crisi economica di carattere nazionale e un aumento sconsiderato dell’immigrazione: in questo contesto non sono state modificate le regole per l’accesso ai servizi che le amministrazioni mettono a servizio delle fascie più deboli.

Le normative per l’assegnazione degli alloggi popolari definiscono le condizioni per avere diritto ad un alto punteggio nelle graduatorie; queste possono essere in linea di massima riassunte in:

1) Non avere un abitazione
2) Avere un basso reddito
3) Avere più di due figli e altre condizioni particolari che difficilmente si possono ricondurre alla situazione di una famiglia comune.

A queste condizioni sono generalmente sfavoriti i nuclei famigliari composti da cittadini italiani.

Infatti basta leggere alcuni dati per rimanere sconcertati, a Milano il 56% degli abitanti delle case popolari sono extracomunitari, i dati non vanno bene per altre grandi città Torino 41,2%, Bologna 44,1%,  Brescia 59,8% e Roma con un dato più basso ma in cresita che si assesta sul 10%.

La nostra proposta verte nel modificare le normative regionali che regolamentano l’assegnazione dei punteggi per le graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari inserendo un punteggio extra per le famiglie di origine italiana e ponendo un tetto massimo di presenza all’interno degli alloggi popolari di famiglie extracomunitarie posta al 30% del totale.

PROGETTO CASA si propone inoltre di risolvere il problema della casa a lungo termine. Pertanto si impone l’obbiettivo di far diventare la casa un diritto imprenscindibile per l’uomo e per la formazione di una famiglia.
Vogliamo creare un ente che costruisca case e quartieri con soldi pubblici e che venda a prezzo di costo queste case a famiglie italiane non proprietarie con la formula del mutuo agevolato: ovvero una rata di un mutuo a tassi di interessi agevolati.
La nostra proposta non finisce qua ma vuole aggiungere un ulteriore aiuto alle famiglie italiane, sopratutto quelle composte da giovani sposi.
Vogliamo che venga predisposto un fondo economico speciale grazie al quale, le giovani coppie italiane con meno di 30 anni che acquisteranno un abitazione a prezzo di costo dagli enti regionali a mutuo agevolato, potranno chiedere che lo Stato paghi un quarto del mutuo restante per ogni figlio nato dalla coppia.
Ad oggi infatti il vero problema del nostro popolo risiede nella scarsa natalità dunque è dovere dello Stato aiutare le giovani coppie che con l’istituzione di questo fondo nazionale avranno la possibilità al quarto figlio nato di non dover più pagare alcun mutuo perchè la casa in questione è stata pagata direttamente dallo Stato.

 

SCUOLE FORTUZZI: CACCIARE INSEGNANTI DELL’8 POLITICO

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Il lancio dell’agenzia DIRE che riprende la nostra nota

(DIRE) Bologna, 17 feb. – Intanto, continua il dibattito sui voti ‘di protesta’ in pagella. La preside Daniela Turci interviene in difesa delle insegnanti delle Fortuzzi che agli alunni di una seconda classe hanno dato a tutti otto, anche nove e sette in una materia a particolare. Questa scelta, dice Turci in una nota, “e’ stata esclusivamente il frutto di una decisione responsabile e ponderata del docenti, che hanno inteso significare il percorso didattico e formativo degli alunni motivandolo pedagogicamente in una bellissima lettera ai genitori”. Dunque, prosegue la preside, “non esiste, come si vuol far credere, alcuna  motivazione ideologica ne’ tantomeno ‘politica’, orizzontale o trasversale, diretta o indiretta, che ha accompagnato tale processo di valutazione, documentato e motivato, nel rispetto delle regole e della deontologia della professione docente”. Ben diverso il giudizio di Antonio Del Prete, segretario regionale e provinciale di “Gioventu’ Italiana”, movimento giovanile de “La Destra”: “Come temevamo, il precedente della scuola Longhena ha fatto ‘giurisprudenza’, allargando il fronte della protesta contro il voto numerico”. Del Prete accusa dunque i docenti delle Fortuzzi di “comportamento irresponsabile e diseducativo”.

(Mac/ Dire)

19:33 17-02-09

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Segue il testo del comunicato integrale

Come temevamo, il precedente della scuola Longhena ha fatto “giurisprudenza”, allargando il fronte della protesta contro il voto numerico. A Bologna, evidentemente, i fumi dell’alcol sessantottino non si sono ancora sopiti, e lo spirito emulativo ha travolto gli insegnanti delle Fortuzzi, che come “pecore”, hanno aderito all’ammutinamento. Secondo loro il voto, a differenza del solo giudizio, determina “malsani antagonismi” tra i bambini, i quali “dovrebbero essere motivati” al di là del voto. Senza scendere nel merito di un comportamento irresponsabile e diseducativo, riteniamo di sottolineare la necessità cogente di una scuola (anche quella elementare) che sia vera palestra di vita. Ebbene, occorre insegnare ai nostri figli che la differenza esiste e dev’essere determinata, non già dal ceto sociale, ma dall’impegno e dal merito. Riconoscere ad un traguardo formativo un significato chiaro e disambiguo come quello segnalato da una cifra numerica, vuol dire indicare ai bambini ed ai loro genitori più facilmente la strada da percorrere. Agli insegnanti che insozzano la didattica con l’ideologia bisogna far comprendere una volta per tutte che uno dei loro compiti principali consiste nel comunicare agli alunni l’importanza del rispetto della regola, quale presidio imprescindibile dell’ordine sociale. L’Italia e Bologna non hanno bisogno della loro voglia di apparire sui giornali, né tantomeno dell’anarchia didattica di cui si fanno portatori. A nostro avviso costoro vanno letteralmente cacciati dalle pubbliche aule, poiché colpevoli di danni gravissimi e, spesso, irreparabili. In un’era in cui il relativismo dei valori e l’individualismo disgregante minano le fondamenta del vivere sociale, occorre ristabilire il primato della disciplina.

Antonio Del Prete

Segretario regionale e provinciale “Gioventù Italiana”

 

 

BOLOGNA, LE MOSSE DEI PARTITI ALLONTANANO LA DATA DELLE ELEZIONI

 

Ormai pare impossibile che si voti a marzo per le comunali.

Perché ? Bologna ha ancora un sindaco: Delbono. Abbandonando, però,  monsieur de La Palice le cose si complicano un po’. Da una parte c’è chi tira per la giacchetta Maroni, affinché “decreti” nei tempi più brevi possibili le elezioni anticipate, dall’altra una giunta che è ancora a lavoro. Fino a quando, non si sa.

Se, dunque, il sindaco non si dimette, il Viminale non può procedere con la decretazione d’urgenza. Merighi, vicesindaco di Bologna, sostiene le ragioni del temporeggiare, poiché “il nostro obiettivo è evitare un danno alla città dalla chiusura incontrollata dell’attività amministrativa”. Dall’altra parte insorge il PDL, che propone le dimissioni di tutti i consiglieri comunali, al fine di far sciogliere immediatamente il Consiglio.

Intanto infuriano le polemiche. Il PD, pur esprimendo la volontà di tornare subito al voto, di fatto rallenta le operazioni sotto l’ombrello della responsabilità amministrativa. Il Popolo della Libertà, che avrebbe tutto l’interesse di correre alle urne, non ha, tuttavia, un candidato che vada bene alle varie componenti. Berselli ? Raisi ? Nomi triti e ritriti, che non porterebbero nulla di nuovo alla politica cittadina, secondo Cazzola. Probabilmente ha ragione. Senza considerare le spaccature interne e la necessità di unire tutte le opposizioni.

In tal senso, se da La Destra è già stato raccolto l’appello all’unità, non altrettanto hanno fatto civici e UDC. Nello specifico, l’Unione di Centro non sa ancora che tipo di posizione prendere, mentre il capogruppo di “Bologna Capitale” Daniele Corticelli avrebbe una gran voglia di candidarsi, ma i tempi stretti non lo favorirebbero.

Insomma, se in apparenza sembrano tutti d’accordo, in realtà ognuno fa i suoi calcoli. Nel frattempo i giorni corrono via e il commissario si avvicina …

Antonio Del Prete

 

C’era una volta in America, anzi a Milano.

Ogni tanto mi capita di ascoltare alla televisione qualche artista, presentatore, attore, che dal suo comodo camerino dove sta preparando il suo spettacolo o il suo film, spesso con ingenti aiuti statali (mentre magari a Termini Imerese i lavoratori se la passano un pochino peggio), si mette a denunciare l’Italia che sta diventando razzista, che sta cominciando a odiare i diversi.

I sinistrorsi radical – chic si confondono tra gli slogan universalisti per cui saremmo tutti uguali e discorsi invece più intellettualoidi per cui le differenze arricchiscono, però della loro identità italiana ne fanno a meno, quindi troviamo un discorso unilaterale, dove si fanno assorbire dagli altri invece di prendere il meglio.

Noi italiani e noi in particolare della Destra Sociale, dobbiamo essere capaci di affrontare il problema, sia per le nostre solide basi culturali greco- romane, sia per la nostra tradizione di Stato sociale.

Il Welfare State si chiama così, proprio perché vuol dire well- fare, bene- essere: non si tratta della social card, di dare il contentino ai pensionati di 40 euro al mese. Deve essere uno Stato che si preoccupa, tutela e forma gli italiani, che li renda uniti, partecipi e collaborativi per il benessere della Comunità.

Nazione e Lavoro.

Al contrario dei popoli e delle religioni semitiche, che vogliono un dio unico, di fronte al quale le differenze si annullano (o peggio alcuni si sentono migliori, “eletti”), la filosofia greco- romana, forte della sua pluralità di dei, è basata proprio sul confronto tra le culture diverse, per arrivare a una sintesi degli elementi più forti di ogni elemento. Lo Stato Sociale che da noi ha avuto tanto successo, ma non ha avuto degni epigoni, aveva proprio le sue fondamenta nella sintesi, del nazionalismo e del sindacalismo rivoluzionario.

Noi italiani siamo maestri nell’integrare diverse razze ed etnie: in un’Europa che odiava, discriminava e cacciava gli ebrei, ad esempio, questi si sono perfettamente inseriti nella nostra società, tanto da partecipare al Risorgimento prima e ad altri importanti momenti della nostra Storia, come la guerra d’Indipendenza finale, cioè la Grande Guerra e la Marcia su Roma: Mussolini sapeva bene che tanti ebrei erano fascisti, che la maggior parte del nostro popolo era estranea all’antisemitismo e infatti sono stati più quelli che ha salvato di quelli che sono stati deportati.

Dopo i tristi fatti di via Padova, ho seguito un servizio sulle gang sudamericane milanesi e mi è sembrato di immergermi in un film di Sergio Leone o altri più contemporanei, come Nella tana del serpente, e scopro una realtà che è un po’ diversa da quella che ci vorrebbero presentare, degli italiani che la mattina si svegliano e odiano i diversi, i negri e li vogliono picchiare per divertimento.

Leggo di questi immigrati che vengono qui apposta non per trovare ospitalità legale dal nostro Paese e ricambiare lavorando, ma perché sanno di essere protetti da questi gruppi, che hanno come filosofia di vita la violenza: per essere accettati bisogna passare un rito di iniziazione che consiste nel resistere a un fracco di botte, poi le giornate le passano ad infilarsi nelle feste apposta per attaccare briga o nell’accopparsi con altri gruppetti per il controllo del territorio.

Anche in tutte le altre città europee, dalla Svezia alla Grecia, passando per l’Olanda, c’è lo stesso problema e, trincerandosi dietro il linguaggio burocratese, compiono “indirizzazioni”, “accompagnamenti” o a volte, molto più spudoratamente, cacciano via gli immigrati colpevoli di episodi di microcriminalità, che spesso regolano i conti tra loro stessi per i loro traffici di droga a suon di mazze e coltelli.

Negli ultimi decenni, abbiamo visto fiorire il processo di globalizzazione economica, ma a questa non si è accompagnata quella culturale, perché incentrata solo sulla logica del profitto; così vediamo questi barconi di immigrati trattati come una qualsiasi merce che arriva sul camion nel magazzino dell’imprenditore e questi la tratta come una materia prima qualsiasi, da usare, da mettere in bilancio e, quando non funziona più, da scartare o girare altrove. Poi s’ingrazia il politico di turno: oggi gli conviene di più il PD, domani il PdL, tra due giorni magari Di Pietro, che allora non gli fa delle grane, anzi, magari gli concede pure l’appalto. Come risultato vediamo uno Stato che non vuole e non può gestire l’immigrazione, sia dal punto di vista pratico che legislativo. E a livello europeo vediamo una Disunione Europea, che non riesce a promulgare leggi comuni per risolvere il problema.

Ci sarà il 1’ Marzo lo sciopero degli stranieri, maltrattati da questi italiani cattivoni razzisti, che per me riuscirà solo a esacerbare lo scontro. Premettendo che non mi piace lo strumento in sè, lancio una provocazione: non possiamo, tutti quanti, fare uno sciopero contro questo Stato italiano corrotto e incompetente, contro la Disunione europea, che fa fatica a impartire direttive comune e poi i paesi non seguono?

Eugenio Sibona

 

Noi e Berlusconi

Forse perché non sono mai stato in AN, né in nessun altro partito. Certamente non ho la disinvoltura di chi fino a due mesi fa criticava aspramente il Cavaliere, mentre ora lo vede come amico o addirittura capo. Rapidi mutamenti di stato d’animo dovuti alla contingenza politica, si dirà. Sarà, ma io sono solito farmi un’idea sui fatti, cambiandola, casomai, in relazione ad essi; non ci sono Regionali o statuette che tengano. … Come ragiona la gente comune, insomma. Sta di fatto che sento il bisogno di fare chiarezza.

Mettiamo qualche punto fermo per intenderci subito. Non sono antiberlusconiano e da sempre sono favorevole ad entrare nella coalizione con il PDL: senza il 51 % dei consensi e soli contro tutti non si governa nemmeno un condominio, né, tantomeno, si fa il bene della Patria; si è sostanzialmente inutili. La retorica dell’ “aspettiamo tempi migliori” è insufficiente: Il Popolo Italiano non può attendere che ci stanchiamo del nostro otium duro e puro.  Detto questo, occorre però distinguere la logica dell’alleanza tra partiti dal matrimonio con Silvio Berlusconi. Le adorazioni internettiane di troppi muovono questa mia riflessione.

I patti si stringono tra compagini differenti allo scopo di raggiungere un obiettivo comune, che è rappresentato nel caso specifico dal raggiungimento della maggioranza dei consensi nelle regioni in cui si vota a marzo. Il progetto, in definitiva, è quello di governare nei territori, evitando che lo facciano altri, considerati per varie ragioni “meno capaci”.  Non è dunque necessario mettersi ad intonare “meno male che Silvio c’è” o mordersi la lingua se il Governo e la maggioranza agiscono male. D’altronde non lo fa neppure la Lega, che dice la sua (quasi) sempre e comunque. Quando le ragioni di una alleanza si traducono in punti percentuali determinanti e non in “buona condotta” è possibile evitare il ridicolo e la perdita di credibilità, esprimendo con chiarezza e trasparenza la propria posizione; anche se (il paradosso è voluto) occorresse criticare il partito che ci ha di fatto impedito di essere in Parlamento e al Governo della Nazione. Leali?  Sì, ma con Noi stessi, le nostre idee, e rispetto ai patti e ai programmi che sottoscriviamo. Niente di più.

Non siamo forse Noi gli alfieri della lotta contro i modelli e i disvalori (denaro, successo, edonismo, apparenza) scolpiti nella società Italiana da trent’anni di televisione commerciale, grazie alla quale il Cavaliere ha introitato i suoi profitti? Non ci opponiamo Noi, saldi propugnatori di una visione spirituale della vita, agli innumerevoli messaggi che hanno fatto della “puttana televisiva” la massima aspirazione professionale delle ragazze di oggi? Perché è di questo che si tratta … o no ?!?

Vogliamo parlare di politiche sociali? Di casa, lavoro, immigrazione? O di politica estera? Meglio di no: sarebbe imbarazzante.

Oppure: saremmo Noi pronti a sostenere l’amnistia mascherata del “processo breve”, il “lodo Alfano bis” (ricordo “Io non lodo Alfano”: memorabile battuta del Segretario) e tutte quelle leggi, che, a detta degli stessi membri del PDL, hanno l’unico scopo di sottrarre il Presidente del Consiglio ai processi in cui è coinvolto? E’ questo il nostro concetto di legalità (per carità, togliamo il monopolio dalle fauci dipietriste !)? Cosa ne facciamo della “questione morale”, da sempre tema fondamentale della politica della Destra Sociale Italiana?

Nessun innamoramento e nessun matrimonio, dunque. Alleati oggi alle Regionali per portare la voce del Popolo nelle giunte e nei Consigli. Alleati domani, chissà, alle politiche, per contenere certi slanci personalistici e mercatisti, e per proporre un cambiamento veramente sociale.

Per quanto riguarda le Riforme, inoltre, preferirei che a deliberare quella della Giustizia non fosse qualcuno che ha diversi problemi giudiziari, e sarei più tranquillo se il Presidenzialismo fosse il prodotto del partito del Popolo, non di quello del Presidente…

Infine, una nota per qualche “berluscones” che esiste anche tra di Noi. C’è una cosa peggiore dell’antiberlusconismo: il Berlusconismo.

 

Antonio Del Prete